4.2.02

Questo Pontefice così "guerriero" è lo stesso di Assisi

di Vittorio Messori
4 febbraio 2002 (Corriere della Sera)
Una fede debole e una morale forte, anzi fortissima? E' questa la «cifra» del presente pontificato? No, non è così: una simile formula sarebbe del tutto abusiva. Eppure, va riconosciuto che -al di là delle intenzioni ecclesiali- potrebbe essere questo il messaggio che giunge a chi sbircia giornali e telegiornali, senza voglia né mezzi per analisi più approfondite. Tre, in effetti, le notizie che si sono succedute: l'incontro interreligioso di Assisi; il discorso per l'inaugurazione dei tribunali ecclesiastici, con il richiamo ad avvocati e giudici per una sorta di «obiezione di coscienza» in tema di separazioni; infine, l'appello di ieri per il riconoscimento giuridico dell' embrione. Ebbene: c'è il sospetto che, nell'impressione della gente, i due appelli papali -contro il divorzio e contro l'aborto- siano entrati in corto circuito con quella adunata assisana il cui programma era strutturato per farne un grande spettacolo televisivo. Si è voluto, dunque, la maggiore platea, la folla indifferenziata, alla quale è però giunto un messaggio brutalmente semplificato. Che il rischio di una parvenza di sincretismo, cioè di una mescolanza tra diverse religioni, fosse reale l'ha mostrato Giovanni Paolo II stesso che, la domenica prima, ha ritenuto opportuno parlarne, naturalmente per escluderlo. Si sono ripetuti i giochi di parole del 1986, primo raduno di Assisi («non pregare insieme ma insieme per pregare») e si sono precettati dei teologi per fare sottili distinguo che fugassero equivoci e malintesi. Non entreremo, qui, nelle loro argomentazioni. Qui restiamo, umilmente, sul piano dell'esperienza. Quella di chi conosce l'impossibilità, per il media system, di «far passare», a livello di massa, messaggi complessi e sfumati, che esigano impegno di riflessione. Ogni giornalista sa che, per la maggioranza dei suoi utenti, ogni notizia si riduce al titolo che, sbrigativamente, la riassume. Il mezzo televisivo, poi, è ancor più semplificatore. E' indubbio, dunque, che (al di là, com'è ovvio, delle generose e limpide intenzioni papali) ciò che è stato recepito è un messaggio del genere: Dio si manifesta in molti modi, così che ogni religione ha pari verità e dignità; ciascuno militi, al meglio, nella tradizione religiosa in cui si trova; la si smetta con apostolati e missioni che non rispettano le credenze degli altri e neppure il piano divino che non esige una sola Verità; ciò che conta non è il nome del Dio nei Cieli ma l'impegno sulla terra di tutti quelli che credono in Lui, quale che sia il suo volto; il bene supremo non è la salvezza eterna, ma una realtà terrena come la pace tra le nazioni. Tutto questo è lontanissimo dal magistero di Giovanni Paolo II e sarebbe assurdo sospettare un simile Pastore di un penchant per una «fede debole», variante teologica del laico «pensiero debole». Eppure, com'era del tutto prevedibile, questo l'effetto concreto del grande raduno dove, tra l'altro, gli animisti africani, invocando pace dai loro Dei, hanno sacrificato un pollo sull'altare. Ebbene: dopo avere dato l'impressione, seppure abusiva, che ogni idea del divino valga l'altra, ecco il richiamo agli irrinunciabili cardini morali della Chiesa. Ecco il ribadire l'indissolubilità del matrimonio e la sacralità della vita sin dal concepimento. Ma queste due convinzioni sono unicamente cattoliche: non solo per islamici ed ebrei, ma anche per tutte le altre confessioni cristiane il divorzio è, in qualche modo, ammesso. E la condanna così radicale dell'aborto non unisce di certo tutte le religioni. Da qui, lo spuntare di inquietanti domande: se la dottrina di ogni religione è accetta a Dio, perché ostinarsi a seguire quella cattolica che, tra tutte, è la più severa e rigida? Perché debbo tormentarmi la coscienza e magari temere l'inferno se divorzio o abortisco, mentre tutti gli «altri» di Assisi no? «Fare il cattolico» non è, per caso, inutilmente gravoso? Domande sbagliate, ovviamente. Ma che, forse, non circolerebbero tra la gente se non si fosse rischiato di dimenticare che la Prudenza è la prima tra le virtù cardinali cristiane.