5.10.11

L'intervento del prof. don Manfred Hauke

L'intervento del prof. Don Manfred Hauke, docente di Dogmatica e Patrologia alla Facoltà teologica di Lugano, ha fornito alcuni elementi fondamentali per potersi orientare all'interno della teologia delle religioni, che negli ultimi anni ha prodotto una grande quantità di pubblicazioni, non sempre conformi alla fede cattolica.
Il prof. Hauke ha ricordato che non è la prima volta nella storia che la Chiesa si trova a vivere in una situazione di pluralismo: già nel tempo antico i cristiani si trovavano a vivere in mezzo ad un pluralismo religioso molto vasto, che comprendeva i culti pagani, le religioni orientali, fino all'incontro, ai tempi di Giovanni Damasceno, con l'Islam. In tale contesto sono davvero abbondanti gli interventi dei Padri della Chiesa e degli scrittori ecclesiastici, che assumono per noi non solo e non tanto un ruolo informativo ma normativo.
L'interesse per la posizione dei Padri nei confronti delle religioni a loro contemporanee è una nota caratteristica e costante della riflessione dell'attuale Pontefice Sommo, che ha sempre condiviso quel tratto fortemente contestatore dei Padri nei confronti dei culti pagani. Il prof. Hauke ricorda che per Joseph Ratzinger «il cristianesimo, nella sua teologia della storia della religione, non prende semplicemente la parte per il religioso, per il conservatore che si tiene alle regole delle sue istituzioni ereditate; il No cristiano agli dèi significa piuttosto un’opzione per il ribelle che osa uscire dalle abitudini a causa della coscienza: forse questo tratto rivoluzionario del cristianesimo è stato nascosto per troppo tempo sotto motti conservatori».
Come può dunque essere riassunta la posizione dei Padri nei confronti del pluralismo religioso della loro epoca?
La possibilità dell’uomo di essere salvato è reale, ma è allo stesso momento minacciata dal peccato e dall’azione del diavolo. Tale influsso negativo si mostra in particolare nella venerazione degli idoli, delle immagini che rappresentavano gli dèi pagani. Gli idoli vengono strettamente legati all’azione dei demoni. Testimone di questa lettura patristica della realtà pluralistica è la traduzione dei LXX del versetto 5 del Salmo 95: Omnes dii gentium daemonia (gli dèi delle genti sono demoni).
Si tratta dunque sostanzialmente di una posizione piuttosto negativa: di certo non si trattava di una ricezione tout-court dell’eredità religiosa pagana. I vecchi culti, secondo i Padri, dovevano cedere all’adorazione del vero Dio e dell’unico Signore Gesù Cristo. Solo per alcuni punti singoli della religione pagana venivano messi in luce degli elementi positivi mentre i tanto citati “semi del Verbo” non erano cercati tanto nella religione quanto piuttosto nella riflessione filosofica.
Il tempo patristico è ben lontano dunque dal considerare le religioni pagane in quanto tali come portatrici di rivelazione divina. Per i Padri un “dialogo” sembrava possibile con singoli non-cristiani con lo scopo di aprirli a Cristo, e non tanto con le religioni stesse.
Per un approccio della teologia delle religioni che rimanga fedele alla tradizione patristica è quindi fondamentale un tratto che valorizzi la necessità di Dio, di Gesù Cristo e della Chiesa per la salvezza ed un tratto che riconosca l’adorazione dell’unico Dio nei “santi pagani” e la presenza del Verbo negli elementi di verità e di bontà presenti nelle religioni e filosofie. Tuttavia non sono questi elementi in sé ad aprire al Vangelo: dipende dal non cristiano individuale, da come egli raccoglie quegli elementi, arrivare ad una praeparatio evangelica e poter essere raggiunto dalla divina grazia.
Nell'interessante dibattito conclusivo del Convegno, il prof. Hauke ha inoltre ricordato come la modalità che il Santo Padre intende imprimere al prossimo incontro di Assisi, tenga presente proprio questo “no” normativo dei Padri; egli infatti non ha voluto nessuna preghiera in comune e nessuna preghiera secondo i vari riti, ma una preghiera silenziosa, dove il cuore di ciascuno possa aprirsi alle sollecitazioni dello Spirito Santo, secondo la propria rettitudine e buona volontà. I momenti in comune invece riguarderanno non un dialogo interreligioso con una finalità religiosa, bensì alcune problematiche concrete, quali la pace, la persecuzione religiosa, etc., che vedono coinvolte le stesse religioni in quanto fenomeni socialmente significativi.